Non è più il tempo di tergiversare. Ne vale il futuro di tutti.
Prendo spunto dalla ridda di voci e polemiche suscitate dalla propaganda di prestazioni professionali a prezzi a dir poco stracciati che ha, come ovvio, inorridito e fatto imbufalire tanti amici e colleghi.
Esprimo il mio parere a riguardo e cerco, come sempre, di individuare soluzioni per affrontare in maniera seria le infinite problematiche legate della categoria.
Il problema non sono le persone che offrono il proprio lavoro a prezzi a dir poco modici: il problema è che non c’è alcuna regolamentazione chiara e incontrovertibile del settore, vigendo la più assoluta anarchia.
Comincio con il sostenere che la scelta di una professionalità, in generale, nasce sempre dal raffronto di una serie di condizioni: competenza, tempistica, offerta economica. Questi tre fattori vengono combinati dalla committenza che decide in base alle proprie priorità. Non è un mistero, d'altronde, che parametri troppo bassi rispetto alla media possano insospettire o comunque far pensare, ma comunque si è liberi di scegliere chicchessia. Sono le regole del mercato.
A questo punto, vorrei spezzare una lancia in favore degli Ordini.
Rassicuro tutti: non mi sono rincitrullito e non sono affetto da alcuna sindrome di Stoccolma (patologia che si riconosce quando una vittima prova affetto per i propri sequestratori).
Gli Ordini, infatti, non hanno tutti i torti quando sostengono di non poter intervenire sulla materia, in quanto la legge consente la pubblicità dei professionisti che possono decidere, a loro insindacabile giudizio, quanto richiedere per una fornitura della propria prestazione professionale, seguendo personali (e per questo insindacabili) scelte di marketing.
Come si risolve la questione, visto che siamo in presenza del classico cane che si morde la coda?
La risposta è sotto gli occhi di tutti e di fatto avviene ogni giorno: l'attività professionale è attività d'impresa ed è sottoposta, di conseguenza, alle regole antitrust.
Non voglio spendere ulteriori parole sull’argomento: non vorrei essere tacciato di pedanteria quando ricordo, per l’ennesima volta, che questo preciso orientamento è stato assunto da circa dieci anni dalla Comunità Europea ed accettato, di conseguenza e ovviamente, dai Paesi membri.
Vi siete mai chiesti come mai all’epoca non ci si è opposti a tale principio? Dove erano le nostre rappresentanze che aborrono a quest’idea, sbandierando una fantomatica difesa della proprietà intellettuale, quando, invece, il loro unico obiettivo è difendere le posizioni di rendita acquisite?
La realtà è sotto gli occhi di tutti: è necessario uscire da questa nebulosa di soffocante cappa che cerca di evitare il cambiamento e l’allineamento con i Paese europei.
E’ tempo di scelte coraggiose, al passo con i tempi.
E’ impensabile e assolutamente insostenibile credere che sia possibile avere un futuro con un ordinamento professionale che aveva una ragione quando gli iscritti erano poche migliaia.
E’ vitale provvedere ad una riforma delle professioni tale da consentire a tutti, soprattutto ai giovani, di avere le stesse opportunità e partire allo stesso livello. Saranno, poi, le capacità del singolo a determinare la carriera ed il destino.
Nessuna barriera anticoncorrenziale: gli stessi corsi di aggiornamento, in materia di formazione continua e permanente per ottenere quei crediti formativi per la sussistenza dei requisiti per l’iscrizione all’Albo, dovranno essere gratuiti (come sostiene l'Antitrust) per evitare qualunque e intollerabile discriminazione di natura economica (della serie che chi può pagare i corsi può esercitare e chi, invece, non è in grado, è sottoposto a procediemnti disciplinari tra cui la radiazione).
Sarà l’Autorità garante della concorrenza e del mercato a valutare e a contestare, laddove ritenesse opportuno, gli eventuali comportamenti lesivi alla concorrenza, come le intese restrittive, gli abusi di posizione dominante e quant’altro.
Un’entità terza, dunque, che vigilerà sul rispetto della normativa sia sui singoli, sia sulle società dei professionisti che sulle associazioni di categoria (come gli Ordini, secondo la consolidata convinzione europea ).
Solo così, finalmente, si riuscirà a tornare in corsa.
Tutti devono avere, quindi, le stesse opportunità, prospettive e “rifornimenti”: saranno, poi, l’abnegazione, la volontà, la voglia di migliorarsi e le capacità a determinare i risultati.
Per fare questo, bisogna cambiare. Non è più tempo di tergiversare. Ne vale il futuro di tutti.