La fine dei triennali.

L’università italiana e i due Consigli Nazionali (degli Architetti e degli Ingegneri) si trovano di fronte ad un problema che non mi sembra d’impossibile soluzione: quello legato alle competenze professionali dei professionisti «junior», cioè in possesso di laurea triennale o cosiddetta «breve».

E’ da rimarcare la circostanza che detto problema è stato creato dagli stessi che oggi – imbambolati e inerti – si trovano di fronte ad esso, senza mostrare alcuna capacità di risolverlo (forse neanche di percepirlo).

Ometto, per brevità, varie considerazioni, tra le quali meriterebbe più che un accenno all’atavico conflitto con i Geometri (che ha riguardato – e riguarda tuttora – non tanto gli Architetti quanto gli Ingegneri). Invece di tentare una definitiva risoluzione del conflitto con i Tecnici diplomati, si è avuta la diabolica abilità di creare Tecnici laureati “semi competenti” e aprire, così, un altro fronte di scontro (di cui non si sentiva affatto l’esigenza e che è destinato – nel tempo – a estendersi e ad aggravarsi, qualora non si trovi subito un intelligente e risolutivo rimedio).

Un’altra considerazione è inevitabile: in Italia gli Architetti erano più di 136.000 nel 2008 e gli Ingegneri 213.399 (sempre nel 2008). Totale: 349.400 tra Ingegneri e Architetti. Sempre nel 2008, gli italiani erano 56.609.376. Basta fare una semplice divisione e si scopre che, in Italia, c’era – nel 2008 – un Tecnico (Architetto o Ingegnere) ogni 162 abitanti. C’è bisogno di commenti? Anche i bimbi sanno che occorrerebbe equilibrio tra domanda e offerta e che, quando l’offerta supera di gran lunga la domanda, si determina una situazione inflattiva insostenibile, che non prelude a nulla di buono. Per quanto riguarda i soli Architetti, in Italia – nel 2008 – ce ne era uno ogni 416 abitanti. In Francia c’era un Architetto ogni 2128 abitanti. In Inghilterra il rapporto era 1 a 1925, in Spagna 1 a 1214 e in Germania 1 a 1642. La media europea era (2008) di un Architetto ogni 1148 abitanti e, senza il dato italiano, il rapporto sarebbe sceso a 1/1550. Pertanto, creare la figura dell’Architetto junior (e dell’Ingegnere junior) è stata la cosa più stupida che si potesse fare. Ed è stata fatta. Perché è stata stupida? Perché ha contribuito a incrementare il numeratore, nel rapporto Architetti/abitanti (e, ovviamente, Ingegneri/abitanti). E’ necessario rimarcare che, come esiste un fabbisogno pro-capite di pane, verdura, carne ce ne è anche uno di professionisti? Ad esempio, serve un dentista ogni 5000 abitanti. Se ognuno di noi, invece di avere 32 denti, ne avesse 500 (come gli squali) ci potrebbe essere un dentista ogni 32 abitanti.

Com’è noto, gli Albi professionali degli Ingegneri e degli Architetti, sono divisi nelle sezioni «A» (laurea quinquennale) e «B» (laurea triennale).

Occupiamoci degli Ingegneri, tanto per non parlare sempre degli Architetti. Che cosa possono fare gli Ingegneri del settore «Ingegneria civile e ambientale»? Quali sono le loro competenze professionali? Per quelli della categoria «A» lo dice l'articolo 45, comma 1, del D.P.R. 5 giugno 2001 n. 328: possono – senza limite di sorta – svolgere attività professionali riguardanti «la pianificazione, la progettazione, lo sviluppo, la direzione lavori, la stima, il collaudo, la gestione, la valutazione di impatto ambientale di opere edili e strutture, infrastrutture, territoriali e di trasporto, di opere per la difesa del suolo e per il disinquinamento e la depurazione, di opere geotecniche, di sistemi e impianti civili e per l'ambiente e il territorio». E quelli della categoria «B» (sempre del settore «Ingegneria civile e ambientale») cosa possono fare? La legge riserva loro:

«1) le attività basate sull'applicazione delle scienze, volte al concorso e alla collaborazione alle attività di progettazione, direzione dei lavori, stima e collaudo di opere edilizie comprese le opere pubbliche;
2) la progettazione, la direzione dei lavori, la vigilanza, la contabilità e la liquidazione relative a costruzioni civili semplici, con l'uso di metodologie standardizzate;
3) i rilievi diretti e strumentali sull'edilizia attuale e storica e i rilievi geometrici di qualunque natura».

Orbene, tutto si può definire, fuorché cosa siano le «modeste costruzioni civili». Tant’è che la nozione di «modesta costruzione civile» è stata variamente interpretata dalla giurisprudenza, talvolta in senso molto limitativo e tal altra in senso più tollerante.  Appare, poi, del tutto illogico e ingiustificato equiparare i Geometri alle categorie juniores, di cui alle sezioni «B» degli Albi. E’ evidente che si siamo cacciati in un ginepraio dal quale è difficile venirne fuori e la recente giurisprudenza è, nel contempo, ragionevole e singolare. Che cosa dice? Dice, in soldoni, che non è possibile generalizzare e che occorre decidere di volta in volta, opera per opera, per stabilire se trattasi o no di «modesta costruzione civile». Infatti, una recentissima sentenza del Consiglio di Stato (del 24 gennaio 2012) ha dato ragione a un Ingegnere junior che aveva intentato un’azione legale contro la Regione Calabria. L’Ingegnere junior aveva presentato un progetto ad un Comune calabro e al Servizio Sismico della Regione Calabria, la quale (anche in base ad un parere espresso dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici) riteneva che la progettazione in zona sismica non rientrasse nella competenza degli Ingegneri e Architetti juniores.

Il Consiglio di Stato ha ritenuto – in parole povere – che non sia possibile generalizzare e reputare che la progettazione in zona sismica sia aprioristicamente esclusa, sempre e comunque, tra le competenze degli Ingegneri e Architetti juniores, ma che occorra una valutazione caso per caso. La sentenza, nella fattispecie, recita: «Tale valutazione deve specificamente riferirsi, di volta in volta, al singolo progetto presentato, con motivazione che, ancorché sintetica, abbia portata “individualizzante” (sia in ipotesi di favorevole delibazione, ovviamente, che in ipotesi di riscontrata preclusione)». Il ragionamento sembra non fare una grinza, ma può determinare un contenzioso per ogni incarico.
Un ulteriore – e più grave – elemento di confusione è rappresentato dal fatto che gli Ordini professionali non si comportano tutti alla stessa maniera. Gli Ingegneri junior dell’UPIAL (Unione Partenopea Ingegneri ed Architetti Laureati) evidenziano un migliore trattamento – loro riservato – da parte dell’Ordine degli Ingegneri di Roma. In una nota dell’UPIAL (del 20 marzo 2012) si legge: «Infatti in quest'Ordine, a dispetto di altri dove si rimarcano le differenze, c'è integrazione fra tutti gli iscritti ma soprattutto c'è una percentuale elevata di Ingegneri sezione B provenienti da diverse regioni d'Italia. Da un conteggio approssimativo che si può tranquillamente fare consultando l'albo degli iscritti di Roma risultano circa 59 persone iscritte che hanno residenza anagrafica in altre province e regioni. Raffrontando tale numero con il totale degli iscritti nella sezione B, (circa 560 colleghi), si ottiene che rappresentano circa il 10,5% di tutta la sezione B dell'Ordine di Roma».

E’, evidentemente, inaccettabile che due Ordini professionali italiani riservino diversi trattamenti ai professionisti junior.

E’ innegabile che il problema sollevato è destinato ad ingigantirsi con il trascorrere del tempo e con l’inevitabile incremento del numero degli iscritti alle sezioni «B» degli Albi. Il buonsenso suggerirebbe di intervenire subito, con efficaci provvedimenti, se non si vuole creare – domani – una situazione molto caotica e confusa. I danni già sono rilevanti, anche perché – con il 3+2 – già sono avvenuti passaggi dalla sezione «B» alla «A», secondo percorsi formativi che non esiterei a definire “singolari”.

A mio giudizio, la cosa più sensata da fare sarebbe quella di sopprimere le lauree cosiddette «brevi» e, di conseguenza, le sezioni «B» degli Albi. In che modo? Passando per un regime transitorio, in cui la sezione «B» sia dichiarata “ad esaurimento” e agevolando i passaggi dalla sezione «B» alla «A» tramite l’organizzazione di corsi ad hoc, opportunamente predisposti dalle università (e istituiti da un’apposita legge dello Stato). Sarebbe – anche – pensabile un passaggio di sezione, motivato da una documentazione dimostrante il «lodevole esercizio della professione» per almeno un lustro.

La storia si ripete.

Occorre una grande sanatoria e già c’è stata grande sanatoria, in Italia. Avvenne quando furono varate la Legge N. 1395/1923 e del Regio Decreto N. 2537/1925 e creati gli Albi degli Architetti. Nella prima ondata di immissioni nell’Albo, immediatamente dopo il varo del Regio Decreto 23 ottobre 1925, N. 2537, ben 1310 persone (non in possesso di Laurea) chiesero di usufruire di questa sorta di “condono”. Una commissione ad hoc, presieduta da Gustavo Giovannoni, nel triennio 1926-1928 esaminò le domande ed abilitò 694 nuovi Architetti, fra i quali non mancano nomi illustri. Rimase escluso Carlo Scarpa, diplomatosi professore di disegno nel 1926 (e che, quindi, non poteva esibire i richiesti 5 anni di "lodevole" esercizio della professione). Indimenticabile, anzi, fu l’ostracismo di cui fu oggetto Scarpa da parte dall’Ordine interprovinciale di Venezia, Belluno, Rovigo e Vicenza, che gli addebitò l’uso abusivo del titolo di Architetto. Carlo Scarpa (6 giugno 1906, 28 novembre 1978) collezionò tre denunce nel 1956, nel 1959, nel 1963 ed un esposto nel 1964.

Giovannoni, nella sua relazione finale ai lavori della commissione, non ha remore nel dichiarare che questi 694 “miracolati” erano quanti, nonostante studi “imperfetti e unilaterali”, avevano comunque maturato un’esperienza sul campo, tramite il pratico e “lodevole” esercizio della professione. I più saranno considerati Architetti “semi competenti”, destinati, nel tempo, a sparire (come fu) per lasciare il posto a quanti acquisivano la laurea, nelle nascenti Facoltà di Architettura, alcune delle quali – diciamoci la verità – non hanno disatteso le aspettative e sono riuscite, negli anni, a formare Architetti di indiscussa qualità. Quindi, il precedente c’è e funzionò bene perché azzerò un passato e costruì un futuro che (oltre ottant’anni) non ha dato problemi.

Occorre, oggi, ripercorrere quella (seppure amara) strada, se si vuole evitare la fine definitiva delle professioni di Ingegnere e di Architetto, che sarebbe la prevedibile conseguenza dell’aggravarsi di una situazione inflattiva, in un clima di crescente conflittualità sui limiti delle competenze professionali, tra quinquennali, triennali e tecnici diplomati.

E’ necessario comprendere che, per molti giovani, quella della Laurea breve è stata una scelta obbligata e che il conseguimento della stessa è avvenuta a prezzo di sacrifici (personali e delle famiglie), in una Italia dove – da quanto, in questi giorni, riportato dalla stampa – si apprende che con i soldi dei cosiddetti «rimborsi elettorali» sono state pagate le rate scolastiche per il conseguimento della laurea di qualcuno. Appare, inoltre, ragionevole evitare guerre tra poveri. Pertanto, la soluzione da individuare non può essere punitiva e mortificante per chi, incolpevole, è vittima di scelte folli, che non andavano mai assunte.

Ovviamente, so benissimo che la mia proposta (perché ragionevole) non ha possibilità di accoglimento e che, addirittura, non ci libereremo di coloro che questo pasticciaccio l’hanno combinato. Andremo, allora, incontro ad un contenzioso senza fine e – quello che è più grave – verso una perdita di coesione sociale, la quale andrebbe, invece, decisamente rafforzata.

Nel frattempo mi sembra giusto individuare una definizione di «modesta costruzione civile» che eviti un contenzioso, che presumibilmente si chiuderà (come già accaduto) a favore di Architetti e Ingegneri junior. Pertanto, conviene adottare l'interpretazione più estensiva.

 

            Gustavo Giovannoni (1.1.1873 - 15.7.1947)
 

 

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