Incinta sì, ma poco poco.
Per la verità, le liberalizzazioni decise dal governo Monti e riguardanti le professioni non sono state sconvolgenti, nel senso che non sono giunte ulteriori novità, rispetto a quelle (nefaste) già avutesi.
Dico meglio, affrontando poche questioni.
Inizio dalle tariffe professionali.
E’ certo che le tariffe professionali non esistono più.
Furono abrogate con il D.L. Bersani del luglio 2006, definitivamente convertito in Legge n. 248 del 4 agosto 2006.
Sono state nuovamente abrogate da Berlusconi con D.P.R. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in Legge 14 settembre 2011, n. 148.
A Berlusconi è subentrato Monti e sul Supplemento Ordinario n. 18 alla Gazzetta Ufficiale 24/01/2012, n. 19, è stato pubblicato il D.L. 24/01/2012, n. 1, che nuovamente abroga le tariffe minime.
Giacché si gioca sull’equivoco e qualcuno tenta di confondere le acque, è bene stabilire alcuni punti fermi (e il primo punto fermo l’abbiamo già stabilito: le tariffe non esistono più).
Il D.L. 1/2012, all’art. 9 (comma 1) dice: «Sono abrogate le tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico.» Si può essere più chiari di così? Ed è l’ennesima volta che queste benedette tariffe vengono abrogate. C’è ancora chi ha dei dubbi?
Come si stabilisce, allora, il compenso del professionista? Affidiamoci, ancora, al D.L. 1/2012, il quale (sempre all’art. 9) recita: «Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito al momento del conferimento dell'incarico professionale. Il professionista deve rendere noto al cliente il grado di complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico e deve altresì indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell’attività professionale. In ogni caso la misura del compenso, previamente resa nota al cliente anche in forma scritta se da questi richiesta, deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi. L'inottemperanza di quanto disposto nel presente comma costituisce illecito disciplinare del professionista.»
Tra la bozza di D.L. che si conosceva prima del Consiglio dei Ministri del 20 gennaio e il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale, c’è qualche quisquilia.
Nella bozza era prescritto che il compenso (tra professionista e committente) era da stabilirsi obbligatoriamente per iscritto; sul testo pubblicato sulla G.U. non si parla più della obbligatorietà di un accordo scritto. Può essere anche verbale.
Qual è la “sconvolgente” novità? E’ che il compenso del professionista va pattuito per iscritto solo se è il cliente a chiederlo. E’ semplicemente ridicolo adottare la tattica del finto tonto: il compenso va, in ogni caso, pattuito prima. Io penso che sarebbe stato preferibile l’accordo scritto (semplicemente perché il professionista avrebbe avuto in mano un valido documento, utile ad ottenere il pagamento delle spettanze, in caso di contenzioso). Sono decenni che i professionisti più scaltri redigono disciplinari d’incarico per prestazioni d’opera intellettuale. Perché? Perché si sa che – specialmente di questi tempi – non è impresa semplice farsi pagare dal cliente e «patti chiari, amicizia lunga» è cosa buona e giusta. Con le disposizioni della bozza di D.L. i professionisti potevono dire al cliente: «Amico mio, sono obbligato a fissare in anticipo, tramite scrittura privata, l’ammontare del compenso e gli “obblighi” miei e tuoi». Oggi che dicono?
E’ sotto gli occhi di tutti che questi provvedimenti del governo sono passati senza alcuna significativa azione di contrasto degli organi rappresentativi delle categorie (se non, forse, flebili lamentazioni).
A questo punto, tento di andare al nocciolo delle questioni: servirebbero (se ci volessimo salvare) azioni guidate dal raziocino, dalla capacità di “incidere” (che non tutti hanno) e dalla ferma determinazione. Non si dovrebbe restare nella passiva attesa degli eventi. All’orizzonte ci sono grossi nuvoloni grigi e … qualche ombrello servirebbe.
Sono risibili i "sillogismi deboli" del tipo: «quell’uomo è grosso / l’elefante è grosso / quell’uomo è un elefante». Analogamente, non sta in piedi il "sillogismo debole": «il compenso va pattuito per iscritto solo se è il cliente a chiederlo / il cliente non chiede di scrivere niente / le tariffe sono ripristinate». Non è così. Purtroppo non è così. Vorremmo che fosse così, ma è sin troppo evidente che non è così.
Analogamente, fanno ridere quei soggetti che – consci del proprio fallimento – tentano di minimizzare i problemi. Mi ricordano quella ragazza che andò dalla madre per comunicarle di essere incinta e che, per sminuire l’evento, aggiunse «ma solo un poco poco». Come si fa ad essere incinte solo un poco poco? O lo si è o non lo si è.
In questo particolare momento, una sola azione può essere deleteria: stendere cortine fumogene. Sarebbe preferibile la nitidezza della visione e tentare di attuare una politica di contenimento del danno (in vista del verificarsi di rosei scenari futuri – da favorire – che possano consentire il recupero di posizioni perdute). Chi dichiara di avere in tasca la ricetta giusta e di essere in grado di garantirci un futuro radioso, mente spudoratamente.
Cosa è questa politica di contenimento del danno che io propongo di attuare? Faccio un solo esempio: l’assicurazione obbligatoria. Noi tendiamo a vedere ciò che ci piace e ignorare ciò che non ci piace (è umano). Anche su questo punto, tra la bozza di D.L. e il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale, c’è qualche differenza: mentre prima sembrava che l’assicurazione fosse «eventuale», adesso temo che possa apparire una «obbligatorietà». Ci si può attivare per impedire questa tristissima eventualità oppure continuare … a giocare. C’è chi continua a muoversi all’insegna del furbo adagio napoletano «addò vere e addò ceca». La realtà va guardata in faccia.
Il povero libero professionista (spesso per scelta obbligata) è tartassato, tra tasse, contributi soggettivi e integrativi all’Inarcassa, quota associativa all’Ordine e via dicendo. Se ci aggiungessimo l’assicurazione obbligatoria e l’aggiornamento professionale altrettanto obbligatorio (e a pagamento) sarebbe la fine.
Sono pessimista: allo stato vedo molti elettroencefalogrammi silenti (laddove occorrerebbero grosse elaborazioni di idee, coesione tra i giovani e strategie incisive).
Chi vivrà vedrà.