Matteo Renzi e gli Ordini professionali

Matteo Renzi non mi è per nulla antipatico. L’idea di rottamare i politici incollati, da decenni, alle poltrone la condivido quasi in toto. Non giudico negativamente la presenza – in parlamento e nel governo – di politici di lungo corso, che abbiamo esperienza e rappresentino una sorta di “memoria storica”. Costoro non dovrebbero essere troppi e l’immissione di gente nuova è necessaria. «In medio stat virtus». Giudico sbagliata sia la crioconservazione dell’attuale classe politica, sia il ricambio totale. Più che ribaltare la classe politica, serve rinnovarla per due terzi. Occorre sia la continuità, sia il rinnovamento.

Nella tre giorni alla Leopolda, Renzi ha raccolto 100 idee per far uscire l’Italia dalla crisi, per farla diventare una nazione efficiente e moderna.

Per curiosità sono andato a vedere cosa propone Renzi riguardo agli Ordini professionali ed ecco cosa dice:

«Bisogna abolire gli ordini professionali superflui e ricondurre i rimanenti a una funzione di regolatori del mercato e non di protezione corporativa per quanti esercitano già la professione. Bisogna arrivare all’abolizione delle tariffe minime e ulteriore riduzione dei vincoli alla pubblicità per gli studi professionali, in maniera tale che tutti abbiano la possibilità di farsi conoscere».

Se dovessi giudicare Renzi da quanto appena detto riguardo agli Ordini professionali, dovrei bocciarlo e invitarlo (garbatamente) a studiare un po’ meglio e un po’ di più, per presentarsi alla prossima seduta di esami per premier (forse nel 2017).

Le tariffe minime (che Renzi vuole abolire) non esistono più. Furono abrogate con il D.L. Bersani del luglio 2006 (definitivamente convertito in Legge n. 248 del 4 agosto 2006) e sono state nuovamente abrogate con il D.P.R. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in Legge 14 settembre 2011, n. 148.

Bersani (quello che Renzi mostra di non amare eccessivamente) freddò le tariffe minime nel 2006 (con il governo Prodi) e Berlusconi (tra agosto e settembre di quest’anno) ha riesumto il cadavere e l'ha assoggettato a un’altra sventagliata di mitra. Forse Renzi dice: «Non c’è due senza tre e le voglio abolire anch’io le tariffe minime, dopo Bersani e Berlusconi». La mia domanda è questa: «Quante volte le vogliamo abolire queste tariffe minime? Ogni paio di anni?». Comunque, Renzi non può abolire le tariffe minime, essendo ciò consentito solo ai politici il cui cognome inizia con la “b” (Bersani, Berlusconi). Pertanto, la prossima soppressione dei minimi di tariffa (già aboliti due volte) potrà farla o la Bindi o Bruetta o Buttiglione. E’ meglio prenderla a ridere. Ennio Flaiano diceva: «La situazione politica in Italia è grave ma non è seria». E queste parole mi sembrano terribilmente attuali.

Renzi vuole, poi, consentire la pubblicità per gli studi professionali. Anche la pubblicità già c’è: Bersani la consentì e Berlusconi l’ha resa ancora più “libera”. Il recentissimo provvedimento del governo stabilisce che: «la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l’attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera». A Renzi gli è sfuggita questa legge e, in particolare, la presenza di quell’«con ogni mezzo». E' dimostrato che Renzi non studia.

Renzi non vuole abolire gli Ordini professionali, tout court. Vuole abolire quelli inutili. Quali siano quelli inutili (e, per esclusione, quelli utili) Matteo Renzi non lo dice.

Se le parole hanno ancora un significato (e non formano un inutile bla blablà, utile solo a far prendere un po’ d’aria alla lingua) Renzi vuole mettersi alla lavagna, tracciare una bella linea verticale e giocare ai «buoni e cattivi»: da una parte gli Ordini utili (da mantenere) e dall’altra parte quelli inutili (da abolire). Non sarebbe meglio dirlo prima quali sono gli Ordini "buoni" e quelli "cattivi"? Oppure Renzi non lo sa ancora?

Che cosa ha voluto intendere Renzi quando dice che gli Ordini devono assumere «una funzione di regolatori del mercato»? Si può pensare che lo Stato assuma il ruolo di «regolatore del mercato». Gli Ordini assolutamente no (perché non hanno i poteri e i mezzi per poterlo fare).

Renzi vuole mantenere alcuni Ordini e, nello stesso tempo, evitare che svolgano una «protezione corporativa per quanti esercitano già la professione». E’ come mettere un lupo a guardia di un gregge di pecore. Per evitare equivoci, dico chiaramente che non sto pensando agli Architetti, bensì ai Farmacisti e ai Notai. Evitiamo, perciò, atteggiamenti alla (come si dice in Sicilia) «Mamma Cicciu mi tocca, tocchimi Cicciu ca a mamma non c'è».

Ci vorrebbe qualcuno che chiedesse a Renzi: «Gli Ordini dei Farmacisti e dei Notai sono utili o inutili? Devono essere mantenuti o aboliti?». In un Paese di malati immaginari (l’Italia) ci potrebbe essere una Farmacia ogni 100 abitanti. Invece cosa accade? Che – non avendo il papà farmacista – occorre acquistare una farmacia (che costa un occhio della testa).

Credo che Renzi dovrebbe essere “aggiornato” sugli Ordini e riformulare, con più chiarezza, il relativo punto del suo programma oppure spetterà a Bersani (ecco l’importanza dell’esperienza!) spiegare al giovane, volenteroso e simpatico politico fiorentino come, in realtà, stanno le cose.

Rosy Bindi ha detto: «Il gioco di Renzi è scoperto, pensa di essere lui a poter aprire una pagina nuova, ma poiché è un prodotto del berlusconismo non potrà mai farlo». Non mi sembra una frase insensata. Potenza della “b” !

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