La rana e lo scorpione
Non so se qualcuno di voi ricorda la favoletta della rana e dello scorpione. Nessuno? Beh, vi rinfresco la memoria.
“Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, con voce dolce e suadente, le disse: "Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull'altra sponda." La rana gli rispose "Fossi matta! Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi!" "E per quale motivo dovrei farlo?" incalzò lo scorpione "Se ti pungessi, tu moriresti ed io, non sapendo nuotare, annegherei!" La rana stette un attimo a pensare, e convintasi della sensatezza dell'obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua. A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena, e capì di essere stata punta dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese all'insano ospite il perché del folle gesto. "Perché sono uno scorpione..." rispose lui "E' la mia natura".
Perchè vi ho ricordato quest'aneddoto, vi starete chiedendo...in effetti, a prima vista, non sembra calzare molto con i temi sui quali siamo soliti discorrere: sarà un piacere dimostrare il contrario.
Comincio col dire che ho sempre guardato con estrema sufficienza il lamento tout court, fine a se stesso; considero, infatti, più produttivo, preso atto della criticità di una situazione, analizzare il problema e fornire proposte per una risoluzione quanto più possibile di buon senso.
La necessità aguzza l’ingegno, come si suol dire. Ebbene, un dato, apparentemente sconcertante, riguarda la nostra categoria professionale: gli architetti.
Solo all’Ordine di Napoli ci sono quasi 9000 iscritti; la stragrande maggioranza (se le cifre non mi ingannano il 70%) ha meno di quarant’anni. Una percentuale considerevole che, in qualsiasi forma di società, potrebbe determinare le scelte o, quantomeno, vedere garantiti i propri diritti. Invece, come è noto, la realtà è tristemente diversa.
Questa marea di laureati è costretta, a volte, in un silenzio assordante, “reclusa” in studi professionali come manodopera specializzata a bassissimi costi; chi tutela i loro diritti?
Far sentire la propria voce è importante; non basta, cari colleghi, imprecare contro la malasorte. I giovani architetti imparano in fretta che nessuno regala niente e che è bene rimboccarsi le maniche e provvedere da soli al proprio futuro; diffidate di chi vi contatta con tono tremendamente amichevole solo in prossimità dell'approvazione dei bilanci all'Ordine o in occasione del rinnovo dei Consigli.
Cominciate da subito a pensare con la vostra testa: quello che deciderete rappresenterà sicuramente la soluzione giusta ma non fatevi risucchiare in infiniti rivoli di imbarazzante pochezza.
Non lasciate il vostro futuro nelle mani dei soliti noti: siate attori protagonisti e non comparse occasionali.
Cominciate ad interessarvi alle vicende della nostra professione, nelle forme e nei modi che ritenete più consoni alla vostre attitudini.
Svegliarsi dal torpore per ridare slancio e fiducia non solo è possibile: è doveroso.
Una nuova presa di coscienza dell’enorme potere di decidere da soli il proprio futuro è l’unica arma che abbiamo per contrastare l’ostracismo di chi persevera i propri interessi, perseverando nella tecnica di sedare qualsiasi mente libera, sbandierando gli stendardi degli interessi generali solo in corrispondenza di scadenze elettorali.
Riempire di contenuti il personale impegno significa determinare le condizioni per costruire una classe dirigente, veramente edotta sulle problematiche della professione, pronta all’ascolto, al dialogo e alla predisposizione di iniziative a sostegno della categoria. Un piccolo impegno costante nel tempo garantirà un risultato di incredibile efficacia per l'avvenire.
Questa è la strada da seguire: vedrete che, prima di quanto immaginiate, nessuno scorpione si avvicinerà più.